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autore
brano
 
Apuleio
Della magia, 56
 
originale
 
[56] Etiamne cuiquam mirum uideri potest, cui sit ulla memoria religionis, hominem tot mysteriis deum conscium quaedam sacrorum crepundia domi adseruare atque ea lineo texto inuoluere, quod purissimum est rebus diuinis uelamentum? quippe lana, segnissimi corporis excrementum, pecori detracta iam inde Orphei et Pythagorae scitis profanus uestitus est; sed enim mundissima lini seges inter optumas fruges terra exorta non modo indutui et amictui sanctissimis Aegyptiorum sacerdotibus, sed opertui quoque rebus sacris usurpatur. atque ego scio nonnullos et cum primis Aemilianum istum facetiae sibi habere res diuinas deridere. nam, ut audio partim Oe[e]nsium qui istum nouere, nulli deo ad hoc aeui supplicauit, nullum templum frequentauit, si fanum aliquod praetereat, nefas habet adorandi gratia[m] manum labris admouere. iste uero nec dis rurationis, qui eum pascunt ac uestiunt, segetis ullas aut uitis aut gregis primitias impertit; nullum in uilla eius delubrum situm, nullus locus aut lucus consecratus. ecquid ego de luco et delubro loquor? negant uidisse se qui fuere unum saltem in finibus eius aut lapidem unctum aut ramum coronatum. igitur adgnomenta ei duo indita: Charon, ut iam dixi, ob oris et animi diritatem, sed alterum, quod libentius audit, ob deorum contemptum, Mezentius. quapropter facile intellego hasce ei tot initiorum enumerationes nugas uideri, et fors anne ob hanc diuini contumaciam non inducat animum uerum esse quod dixi, me sanctissime tot sacrorum signa et memoracula custodire. sed ego, quid de me Mezentius sentiat, manum non uorterim, ceteris autem clarissima uoce profiteor: si qui forte adest eorundem sollemnium mihi particeps, signum dato, et audias licet quae ego adseruem. nam equidem nullo umquam periculo compellar, quae reticenda accepi, haec ad profanos enuntiare.
 
traduzione
 
Chi abbia qualche notizia di religione si stupir? che un uomo iniziato a tanti divini misteri conservi in casa simboli di sacre cerimonie e li tenga avvolti in un tessuto di lino, il velo pi? puro per oggetti consacrati? Giacch? la lana, escrescenza di un pigrissimo corpo detratta alla pecora, ? gi?, secondo i precetti di Orfeo e Pitagora riservata alle vesti dei profani; invece la purissima pianta del lino, tra i pi? nobili frutti della terra, non solo serve di rivestimento e di abbigliamento ai santissimi sacerdoti dell'Egitto, ma si adopera anche per coprire gli oggetti sacri. Io so bene che taluni, Emiliano in prima fila, trovano divertente la derisione delle cose divine, perch?, come sento dire dagli abitanti di Oea che lo conoscono, egli non ha mai supplicato nessun Dio, non ha frequentato nessun tempio; se passa davanti a un luogo sacro ritiene empiet? accostare la mano alle labbra in segno di adorazione. Costui neppure agli d?i della campagna, che lo nutrono e lo vestono, offre mai qualche primizia delle sue messi, delle sue vigne, del suo gregge; nessun santuario ? nella sua villa, nessun luogo o bosco consacrato. A che parlo di santuari e di boschi? Coloro che ci sono stati affermano di non aver veduto dentro i confini dei suoi campi una sola pietra unta o un ramo inghirlandato. Perci? gli furono imposti due soprannomi: quello di Caronte, come ho detto, per la ferocia del volto e dell'animo, e l'altro, che gli ? pi? gradito, di Mezentio, per il disprezzo della divinit?. Perci? mi ? facile capire che tutte queste enumerazioni di misteri gli sembrino delle stupidaggini e, per codesto suo spregio delle cose divine, pu? essere che egli non creda alla verit? delle mie parole, allorch? dicevo della venerazione onde custodisco i simboli e i ricordi di tante sacre cerimonie. Ma io, qualunque cosa pensi di me Mezentio, non alzerei un dito; agli altri ad altissima voce dichiaro: se qualcuno c'? qui, iniziato con me ai medesimi misteri, dia un segno di riconoscimento: e potr? sentire quali sono gli oggetti da me custoditi: perch? non c'? pericolo che possa indurmi a divulgare dinanzi ai profani ci? che mi ? stato confidato con l'obbligo del silenzio.
 

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